martedì 22 marzo 2011

Leonid Rogozows, il chirurgo che per non morire dovette autoperarsi

La storia è unica perché nessun chirurgo al mondo ha mai deciso di autoperarsi. E a dire il vero neppure Leonid Rogozows lo avrebbe fatto se in quel periodo della sua vita fosse vissuto in una città con tanto di ospedale. Ma si trovava in una situazione molto delicata, in un luogo impossibile da raggiungere in poche ore, allo stremo delle forze col dolore che di lì a poco lo avrebbe mandato in coma decretandone, di conseguenza, la morte certa.


La storia: Siamo nel 1961, la scienza medica è in fase di sviluppo e di appendecite ancora si muore. Leonid ha 27 anni, è in piena forma, ed ha deciso di andare con altri tredici ricercatori russi, fra cui alcuni medici professionisti, in Antartide, alla stazione Novolazarevskaya, un gioiello della tecnologia nuovo di zecca. Lui è l'unico chirurgo, chi dovrebbe intervenire ed operare gli altri in caso di bisogno, ma dopo qualche giorno si sente male. Non dice nulla e va avanti usando anestetici. Però ad un certo punto il dolore diventa lancinante. E' il 30 Aprile quando nel diario scrive: "La scorsa notte non ho dormito, il male è stato diabolico. Nella mia anima s'è scatenata una tempesta di neve ed un centinaio di sciacalli hanno ululato ininterrottamente. Non ci sono segni che l'appendicite si possa perforare, non al momento almeno, ma gli attacchi di dolore sono come una premonizione per qualcosa che devo assolutamente fare. Ho bisogno di rilassarmi, di pensare. So che è quasi impossibile riuscirvi, ma l'unica via che posso seguire è l'autoperazione. Mi sembra quasi impossibile da fare perché fatico e sento male solo a piegare le braccia".

E' arrivato il momento di parlare al gruppo e quando comunica  del suo dolore impossibile da controllare si rammarica perché sa che l'indomani è il primo Maggio, un giorno da festeggiare. Poi parla di ciò che ha deciso di fare, della sua intenzione di operarsi per riuscire a salvarsi la vita che ormai, ne è certo, è appesa ad un filo. Agli altri medici, non chirurghi, chiede solo di aiutarlo a restare sveglio, a non svenire. Sono le dieci di sera quando si stende su un lettino e comincia a tagliare l'addome. Un taglio di dieci centimetri che dovrebbe consentirgli di arrivare a quel maledetto tubicino di carne infiammato. Nel suo diario in seguito scriverà: "Stavo lavorando senza guanti e non potevo vedere tutto. C'era molto sangue e se è vero che lo specchio posizionato sul ventre in alcuni momenti mi ha aiutato è altresì vero che a volte era di impaccio perché mi mostrava una immagine capovolta. Ho dovuto quindi lavorare soprattutto col tatto delle mani. Non ho avuto fretta e mi sono preso tutto il tempo che occorreva per non rischiare. Dopo aver aperto il peritoneo mi sono accorto che le ferite erano peggio di quanto pensassi. Mi girava la testa e mi sentivo sempre più debole. Operavo per quattro minuti e mi fermavo a riprender fiato per una trentina di secondi, ma ad un certo punto ho anche pensato che fra tutto quel sangue non l'avrei mai trovata l'appendice. Poi finalmente quella cosa maledetta l'ho avuta tra le mani".
 
Gli assistenti, medici ma non chirurghi, raccontano di quei momenti: "Vedere la mano di Rogozows che dopo il taglio entrava nell'intestino e frugava per noi è stato scioccante. C'è chi si è dovuto spostare per non svenire. Eravamo impacciati e non sapevamo come comportarci. Specialmente quando il suo battito cardiaco si è fatto flebile ci guardavamo negli occhi senza sapere cosa decidere. Quando c'è stato da togliere il tubicino flessibile che eliminava il sangue, ad esempio, sentivo le mani come fossero state di gomma, senza forza e mollicce. Ho pensato di non riuscire a toglierlo". Ma alla fine tutto tornò alla normalità. Leonid Rogozows cucì la ferita e prese dei sonniferi. Si svegliò dopo quindici ore con la febbre alta ma senza più dolori. Già dopo la prima settimana rimosse i punti e dopo altri sette giorni riprese la sua attività in piena autonomia. 

Una storia maledetta che avrebbe potuto esserlo ancora di più. Un uomo di 27 anni che prende decisioni drastiche ma giuste. Il primo ed unico chirurgo al mondo che ha operato sé stesso. Tornato in Patria fu insignito dell'Ordine della Bandiera Rossa, il simbolo sovietico del coraggio, ma a chi lo additava a uomo coraggioso sorrideva dicendo che non s'era trattato di coraggio, che era stato un intervento come un altro.

Leonid Rogozows è morto nel duemila riuscendo a campare, quindi, quarantanove anni in più di quanto il suo primo destino avesse deciso.

 

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